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Centenario Alfa Romeo, il Nicola Romeo filantropo

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Non dimenticò mai le difficoltà dell’infanzia e della giovinezza e una volta nell’agiattezza si ricordò sempre dei meno fortunati  


002MILANO
– Rispolverando la figura di Nicola Romeo dalla polvere del passato per scoprirne la figura e l’attività,  sono incappata in un libretto sui benefattori dell’Ospedale maggiore di Milano contenente un  ritratto dei filantropi che avevano contribuito nel tempo attraverso lasciti e versamenti alla costruzione del complesso ospedaliero. Fra questi figura anche il fondatore Nicola Romeo il cui profilo è stato tratteggiato nel 1939 dal professore  Salvatore Spinelli, allora segretario  di Niguarda.

Per la valenza  storica del centenario dell’Alfa Romeo, se ne riporta di seguito un ampio stralcio:

Di Nicola Romeo non è facile ritessere in poche righe la vita, varia, avventurosa, fortunata, intensamente vissuta. Ma due sentimenti la dominarono, e a essi tutte le sue azioni convergettero: la passione per il lavoro e l’amore per il prossimo. Nicola Romeo fu di quegli uomini che più ricevono più danno; e considerò sua patria d’elezione Milano poiché a questa meravigliosa città ben si attaglia il motto: “Io ho quel che ho donato”.

Nacque il 28 aprile 1876 a Sant’Antimo, paesetto che dista circa sedici chilometri da Napoli, da Maurizio e
da Consiglia Tagliatela. Le condizioni della sua famiglia non erano tali da consentirgli di proseguire gli studi fino alla laurea. Egli riuscì a superare tutte le difficoltà economiche, ponendo a frutto il precoce ingegno e forzando la sua volontà. Particolarmente versato nelle matematiche, fu, a un tempo, scolaro e insegnante, e raccoltasi attorno una piccola schiera di studenti, da quelli che potevano, ebbe il giusto compenso, ai poveri come lui largì ammaestramenti e aiuti con il più cordiale cameratismo.

presentazione1Le lunghe passeggiate quotidiane da Sant’Antimo a Napoli ne irrobustirono la fibra e anche l’intelligenza, per l’esercizio fisico e per le lunghe meditazioni a cui l’avezzarono. Conseguì nel 1899, l’ambita laurea di ingegneria civile nell’Università di Napoli. Continuando la sua giornata di discepolo e di maestro, passò a perfezionarsi al politecnico di Liegi, dove trasse con sé parecchi compagni  non meno amanti degli studi che desiderosi di seguirlo. Alcuni di questi furono poi suoi collaboratori nell’attività industriale e scientifica.

Compiuti gli studi di perfezionamento nella famosa scuola elettrotecnica Montefiori, passò dal Belgio in Germania e poi in Francia, acquistandosi la simpatia e la stima di quanti lo avvicinarono. Chiuse infine il periodo dell’indigenza, che più dura gli parve in terra straniera, ottenendo l’incarico di introdurre in Italia alcuni sistemi di impianti tecnici nuovi allora per il nostro paese.

Nel 1902, traendo profitto dall’esperienza acquistata all’estero e tendendo con tutti i suoi sforzi a creare in Italia delle realizzazioni autonome, egli eseguì la prima linea di contatto ferroviario ad alta tensione sulla Roma Tivoli.

Egli intuì anche l’enorme importanza che avrebbe potuto acquistare l’applicazione dell’aria compressa nelle macchine d’ogni genere e tale applicazione introdusse in Italia in parecchie industrie, da quella mineraria a quella edile. Un’intiera regione, la Versilia, dall’installazione e applicazione degli impianti meccanici ad aria compressa per l’estrazione e la lavorazione del marmo in  numerose cave, ricevette un impulso economico eccezionale. Il sistema offerse anche vantaggi grandissimi per risolvere il problema della ventilazione di lunghe gallerie ferroviarie quali quelle percorse dalle direttissime Roma-Napoli e Bologna-Firenze.

2016-02-15 12.42.31Allo scoppio della guerra italo austriaca il genio militare italiano trovò in Nicola Romeo un collaboratore prezioso: non c’è soldato di quell’arma che, avendo partecipato a quella guerra, non ricordi il cosiddetto “piccolo italiano”, cioè il piccolo impianto ad aria compressa studiato e costruito dal Romeo per i reparti mobilitati del genio creò rapidamente a Milano un  nucleo di potenti officine per la fabbricazione di proiettili d’artiglieria.

Alla fine della guerra egli era capo di una decina di migliaia di operai e di centinaia di impiegati, ingegneri e dirigenti, distribuiti in quattro stabilimenti a Milano, a Saronno, a Roma e a Napoli, e, con la stessa sagace prontezza con la quale aveva corrisposto al bisogno della difesa della Patria, egli seppe trasformare l’industria di guerra in industria di pace.

Già nel 1920 le officine del Portello di Milano, specializzate nella produzione di automobili, davano il via alle famose Alfa Romeo, che riportavano clamorose vittorie sulle altre case costruttrici dell’Italia e dell’estero. Nello stesso tempo le officine di Saronno, che egli aveva acquistate nel 1917 da un gruppo  germanico, attrezzate con macchinari potenti, fornite di operai specializzati ed esperti, furono poste, nel giro di un anno, in grado di costruire centinaia di accumulatori elettrici, sia per corrente trifase, sia per corrente continua, e di provvedere ai bisogni delle installazioni elettriche ferroviarie, di cabine e di centrali di trasformazione, da lui studiate su vasta scala.

Allorché poi, nel 1926 il Regime intensificò il potenziamento della nostra aviazione, Nicola Romeo intuì l’opportunità di creare una grande fabbrica di aeroplani a Napoli. Dall’idea all’azione il passo fu brevissimo e, con meraviglia delle stesse Autorità che l’avevano incitato a fare, egli cominciò a consegnare nel 1927 all’Aeronautica i primi velivoli costruiti nelle officine di Napoli. Da quell’anno si avvicendarono le gloriose serie di agili e velocissimi velivoli RO, dal RO1 al RO37, veri prodigi di stabilità e di celerità, che hanno solcato e solcano i cieli d’Italia e delle colonie e di cui la nostra aviazione militare si è efficacemente avvalsa in Etiopia e in Ispagna.

Nominato senatore nel 1929, il Romeo partecipò attivamente ai lavori della Camera alta, nella quale pronunciò parecchi memorandi discorsi sul bilancio dell’Aeronautica. Anche alle scienze esatte egli apportò un contributo notevole, non solo esaminando la necessità della tecnica industriale, ma anche trattando argomenti scientifici puramente speculativi. Sono note alcune sue monografie su temi di geometria pura.

nicola romeo, benefattore del policlinico di milano“Esempio mirabile di quello che un uomo possa da solo creare “con la tecnica, l’ingegno, la fede e la volontà”, Nicola Romeo fu ammirato e amato anche per il grande altruismo, che manifestò in mille occasioni con la riservatezza che schiva la notorietà e l’elogio. Al paese natale donò un asilo modernamente attrezzato, che mantenne sempre con i suoi mezzi; a Napoli, a Roma, a Milano, agli enti di beneficenza e alle opere del partito non lesinò mai aiuti. Chiunque, meritevole o no, si rivolgesse a lui per un soccorso non fu quasi mai respinto; a chi cercasse di frenare la sua impetuosa generosità soleva rispondere che troppo aveva conosciuto in gioventù il disagio, il bisogno e la tristezza, per essere insensibile ai richiami della povertà e del dolore.

Del suo animo benefico sono conferma le ultime volontà, nelle quali, fra gli altri lasciti, uno di centomila lire destinò all’Ospedale Maggiore di Milano “città dove tanta attiva parte della vita ho spesa, raccogliendovi, pur fra amarezze e dolori, le maggiori soddisfazioni” (testamenti olografi 24 marzo 31 luglio 1938, pubblicati il 13 settembre 1938 da notaio Carmelo Schillaci Ventura di Roma con verbale n° 3746 di repertorio).

Morì il 15 agosto 1938 a Magreglio.”.

Tratto da: “I Benefattori dell’Ospedale Maggiore di Milano”

Nel biennio XXV marzo MCMXXXVII – XXV marzo MCMXXXIX  E i Nuovi Ritratti

Il Consiglio Ospedaliero degli Isituti Ospedalieri di Milano deliberò l’assegnazione del ritratto a Nicola Romeo il 5 ottobre 1938 e approvò il quadro ultimato dal pittore Arnaldo Carpanetti (1898-1969) il 10 ottobre 1940. Carpanetti fu un artista particolarmente apprezzato negli anni ‘30 per le sue complesse figurazioni di carattere epico e narrativo. Il ritratto del fondatore del Biscione  gli fu commissionato al termine di un ciclo decorativo al Palazzo di Giustizia di Milano.

Il dipinto, allude all’attività di ingegnere meccanico e di inventore svolta da Romeo e venne ritenuto da critici  un esempio significativo dello stile del pittore, che sviluppava la composizione in modo da dilatare al massimo lo spazio della rappresentazione e descrivere con precisione non solo la figura ma anche i disegni tecnici e i pezzi meccanici.  Oggi il ritratto in olio su tela è conservato presso la  Quadreria dell’Ospedale Maggiore.

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